L'età del dubbio
Montalbano è un notturnista. Scava il buio della notte. Vi apre un labirinto di specchi. E si sperde nei meandri, mentre insegue il proprio riflesso: le premonizioni e gli ammonimenti della sua buona e della sua cattiva coscienza. Il contatto cieco con gli incubi costringe Montalbano a stare in allarme, e a tenersi costantemente d'occhio: ora attore, ora spettatore della propria vita; sgomento sempre, per quell'alitargli addosso della notte; per quell'emanazione di morte, che sulla trama della vita incide come astuzia atrocemente giocosa che rovescia le false evidenze della realtà e riporta a dritto ciò che i sogni hanno acceso a rovescio. C'è un di più, in questo romanzo, rispetto agli altri di Montalbano. L'untuosità fanatica del dottor Lattes si fa più assillante; assesta colpi di bontà, che imprevedibilmente esplodono come mine. I fragorosi passi d'entrata e le chicchiriate di Catarella, del trafelato fante degli sfondoni e dei capitomboli linguistici, risuonano ora con più allucin